Da un capello si potrà fare un'analisi della fertilità.
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La prospettiva di un test non invasivo della riserva ovarica (cioè sulla quantità di cellule uovo presenti nell'ovaio e che possono essere fecondate per condurre una gravidanza) si fa sempre più vicina, grazie ai risultati di una ricerca condotta dalla Eshre, la Società europea di riproduzione umana e di embriologia. Tutto ruota attorno all'Amh, l'ormone antimulleriano, un indicatore chiave nella valutazione di come le donne possano rispondere al trattamento della fertilità.
L'ormone viene prodotto da piccole cellule che circondano ciascuna cellula uovo e che viene quindi visto come una misura della riserva ovarica. Sebbene gli studi non abbiano correlato i livelli di Amh a una probabilità di parto, la sua misurazione è diventata un marker per valutare come una paziente risponderà alla stimolazione ovarica per la fecondazione in vitro. Oggi questo suo valore viene misurato nel sangue, ma nel corso dell'incontro annuale di Eshre è stato illustrato come possa essere individuato in un capello.
Livelli di Amh «biologicamente rilevanti», infatti, sono stati rilevati con successo nei campioni di capelli, con livelli che diminuiscono con l'età del paziente. Poiché la riserva ovarica diminuisce con l'età, infatti, anche i livelli di Amh diminuiscono. «I capelli», spiegano gli autori, «sono un mezzo che può accumulare biomarcatori per diverse settimane» mentre il rilievo attraverso il siero del sangue è «una matrice acuta che rappresenta solo i livelli attuali». «Mentre i livelli ormonali nel sangue possono fluttuare rapidamente in risposta agli stimoli, i livelli ormonali misurati nei capelli rappresenterebbero un accumulo per diverse settimane - aggiungono - Una misurazione che utilizza un campione di capelli ha maggiori probabilità di riflettere i livelli ormonali medi in una persona».
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