Crescere un figlio è un’esperienza totalizzante, alle volte asfissiante, che ti pone in una posizione relativa col mondo.
Non è più solamente delle tue azioni e dei tuoi bisogni autoreferenziali a cui devi rispondere, ma di quelle dei tuoi figli.Crescere una figlia femmina comporta meno responsabilità etiche che non crescere un maschio. Non è una questione di genere di per sé, piuttosto una questione di potere delle forze in campo.
Fin da bambini, a molti maschi, vengono concessi privilegi e attenuanti perché maschi. L’aggressività, le smargiassate, l’insofferenza alle regole, il poter fare il bello e il cattivo tempo (in casa e fuori) vengono loro perdonati perché all’interno di un’indole percepita naturale.
Tollerare eccessi d’ira, piccoli soprusi, vigliaccate, un linguaggio violento, sono espressioni di carattere che non devono essere condonati, così come incentivare l’atteggiamento divisorio che mette maschi e femmine su due fronti inconciliabili. Noto spesso la tendenza di alcuni genitori di favorire il concetto del ‘maschi con maschi‘ e ‘femmine con femmine’, o l’agevolare le attività gender-based. E’ indispensabile insegnare loro, già dai primi anni, il coinvolgimento asessuato con l’altro. La commistione delle esperienze tra maschi e femmine rende possibile la crescita emotiva perché attinge da bacini diversi. Solo da una convivenza senza dogmi si può generare il rispetto.
Strizzando un occhio a un certo tipo di comportamento spaccone, che diventa poi schema, si crea un terreno fertile per la diffusione di bullismo prima e violenza dopo.
In un mondo ideale, fatto di famiglie che dividono il carico dell’educazione dei figli a metà (non necessariamente in termini di tempo, ma di presenza affettiva), il padre – al quale il bambino guarda e s’ispira – deve essere ugualmente intransigente, senza scivolare nella tentazione della complicità compagnona da spogliatoio.
Sulle modalità nelle quali porsi con gli altri devono esserci regole granitiche, perché se fai il bullo con una (qualsiasi) controparte più debole non sei figo, ma solo una carogna. Che tu abbia cinque, dieci o quindici anni.
Dalla maturità dell’uomo arriva il traguardo della donna.
Se la scuola avesse più risorse da investire, se lo Stato garantisse la protezione a tutte le vittime, se le leggi fossero inasprite ed applicate prontamente, i numeri di cui parliamo sarebbero forse diversi, ma l’emergenza da affrontare è ora. La società è solo in parte plasmata dalle istituzioni, l’essenza che diventano gli esseri umani nasce da lontano, in primis in famiglia.
Nessun commento:
Posta un commento