Parto indotto più doloroso
Indurre il parto consiste nel ricorrere ad alcune tecniche farmacologiche per avviare il travaglio di parto.
In tal modo si stimolano le varie modificazioni del collo uterino e le contrazioni necessarie a dare il via al travaglio. Circa il 10% delle gravidanze non arriva al travaglio di parto entro la 41 settimana di gravidanza: questo è il motivo principale per cui si ricorre all’induzione al parto.Parto indotto
Numerosi studi hanno dimostrato che, a 41 settimane di gravidanza più 3-5 giorni, la placenta viene considerata ormai “vecchia” e potrebbe non essere più in grado di ossigenare e nutrire correttamente. Con questo non significa che per forza di cose succede così a tutte le donne. Nella gran parte dei casi è però preferibile l’induzione del parto piuttosto che aspettare che avvenga naturalmente un parto oltre il termine con il rischio di riscontrare problemi.
Induzione parto
Scollamento membrane
Come stimolare il travaglio senza l’uso di farmaci? Si può ricorrere ad una stimolazione del parto più naturale? Certo, dal momento che si ha qualche centimetro di dilatazione cervicale si può ricorrere allo scollamento dell’utero dalle membrane amnicoriali. Ciò significa che le contrazioni vere da parto non sono ancora cominciate ma potrebbero avvicinarsi mediante questa manovra ostetrica.
L’induzione del parto si sceglie anche quando per vari motivi si deve far nascere il bambino in anticipo rispetto ai tempi naturali e non ci sono condizioni che indicano un’urgenza tale da dover ricorrere al taglio cesareo. È necessario indurre il parto anche se le membrane si rompono spontaneamente prima del travaglio (in genere entro 12-18 ore), perché la rottura del sacco non garantisce più la sterilità endouterina.
Scollamento delle membrane
Anche l’ipertensione, il diabete non compensato, un feto troppo piccolo, o la quantità di liquido amniotico ridotta sono cause che possono prevedere l’induzione del parto. La prostaglandina è il principio attivo attraverso cui agisce il famoso parto indotto con la fettuccia.
Le prostaglandine vengono così applicate a livello vaginale sotto forma di gel o di piccole striscette di tessuto che, a rilascio graduale, sono in grado di far maturare il collo uterino, ammorbidendolo e appianandolo, per consentirgli di dilatarsi facilmente.
È possibile anche somministrare prostaglandine per via orale o sublinguale, ciò richiede più monitoraggio. L’ossitocina, invece, si usa nel caso in cui il collo dell’utero sia già dilatato e appianato per rinforzare contrazioni già presenti. Con l’ossitocina sintetica il travaglio risulta mediamente più doloroso. Perché le contrazioni uterine sono più frequenti senza che ci sia una precedente fase di lento adattamento ad esse, come avviene nel travaglio naturale.
Indotto
Con entrambe le metodiche c’è il rischio di ipertono uterino. Sollecitando artificialmente l’utero a modificarsi, esso tende a rimanere contratto e questo può pregiudicare l’ossigenazione del feto. Nel 20-25% dei casi l’induzione del parto potrebbe non avere successo e richiedere il ricorso al cesareo. Per questo motivo, oltre al fatto che il parto potrebbe risultare più doloroso, bisogna discutere della pratica con il medico.
Quest’ultimo ha il dovere di informare adeguatamente la donna sul come stimolare il parto, come indurre il travaglio, perché e come fare per anticipare il parto, cosa comporta la pratica di induzione, cosa comporta rifiutarsi, quali sono le possibilità di successo e se non ha successo come si procede. La donna ha diritto a tutte le domande e i chiarimenti necessari prima di prendere la propria decisione consensuale.
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