Il suo sfogo tramite TikTok in cui si scagliava contro gli insegnanti per i troppi compiti assegnati al figlio era diventato virale. Ma ora quello stesso video è costato una querela a Emma Guidacci, mamma originaria di Palermo. La donna aveva pubblicato un video in cui inquadrava il figlio mentre piangeva sulla scrivania a causa dei troppi compiti: «Io vorrei sapere da questi maestri se è normale che mio figlio si sveglia alle 6.30 del mattino e si ritrova al pomeriggio con 3, 4 compiti da dovere fare senza potere fare sport, un ca*** di niente"». E ancora: «Non mi interessa se avete classi da venti alunni, dovete occuparvene voi. Collaborazione scuola-famiglia? Questa è? Fate schifo. Pochi sono quelli che si salvano, avete rotto».
Il video aveva suscitato molte polemiche ma anche messaggi di incoraggiamento. Secondo molti, infatti, aveva sollevato un problema reale in molte, moltissime famiglie italiane: la mole esagerata dei compiti che i bambini sono costretti a dover affrontare.I toni però a qualcuno non sono piaciuti, e così Professione Insegnante, vasta comunità di docenti su Facebook, ha deciso di andare oltre e di querelare la mamma.
«Non vogliamo spillare soldi a nessuno, ma la violenza, verbale e non, contro gli insegnanti è un fenomeno drammatico e sempre più diffuso. Ed è sbagliato pensare che nascondendosi dietro allo schermo di un cellulare si possa dire qualunque cosa», dice Silvio Amato, anima del gruppo Facebook, poi diventato associazione, ProfessioneInsegnante.it, in un 'intervista a "La Stampa". Dopo un sondaggio tra i soci –sono 190mila professionisti e professioniste, dalla primaria fino alle scuole superiori – il prof Amato ha deciso di querelare Emma Guiducci.
«Ho letto di tutto. Persino genitori che le danno ragione e la osannano – spiega Amato, professore in un istituto tecnico di Caltagirone, città metropolitana di Catania -. L’eco sui social è tale che tutti i principali quotidiani ne hanno dato notizia. Se avvenisse la stessa cosa quando un docente protesta per i propri diritti, sicuramente la categoria sarebbe ascoltata anziché essere ignorata da tutti. Offese all’intera categoria, offese inaccettabili che alcuni nei commenti sui social hanno anche osannato al grido di “sei tutti noi”.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se questa mamma avesse fatto la stessa cosa ad esempio nei confronti di un carabiniere, poliziotto, funzionario dello Stato. Sul caso della mamma di Palermo, nessuno è intervenuto per difenderci - continua Amato -. Noi insegnanti non siamo solo dei lavoratori, il nostro lavoro ha una funziona sociale che va tutelata e difesa. Non c’entrano nulla i compiti, di quello si può discutere. Personalmente io nemmeno li assegno. Ma è importante non far passare come “normali” offese a un’intera categoria che svolge un lavoro bellissimo, complicato e importante per i nostri figli e per tutta la società».
Emma Guidacci, comunque, ha chiesto scusa per le parole pronunciate nella piattaforma cinese, spiegando che era stata una reazione istintiva alle difficoltà che il figlio stava incontrando con i compiti scolastici: «L’ultima battuta è stata veramente eccessiva – aveva dichiarato la donna – chiedo scusa alla categoria per avere utilizzato la parola schifo. Il mio è stato un semplice sfogo di una donna stanca che vede il figlio che non ce la fa. Quello che provo io lo provano quotidianamente tante persone. In realtà raramente ho avuto problemi con i compiti e i miei bambini vanno bene a scuola. Ma in quel momento ho avuto una crisi e l’ho condivisa non mi sarei mai aspettata tutto questo vortice mediatico».
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