Quando iniziare a divezzare
- inizia a stare seduto
- non manifesta più il riflesso di estrusione (tirare fuori la lingua per mangiare come quando poppano)
- mostra interesse verso il cibo
L’autosvezzamento
- Tenere sempre il bambino a tavola con i genitori, non appena è in grado di stare seduto con minimo appoggio sul seggiolone.
- Alimentare con solo latte fino al compimento dei sei mesi.
- Aspettare le richieste di cibo del bambino, di solito il tentativo di raggiungerlo con le mani o uno sguardo sostenuto ed eccitato.
- Soddisfare qualsiasi sua richiesta, sempre e ovunque, purché si tratti di cibo idoneo a giudizio dei genitori.
- Smettere gli assaggi se il bambino smette di chiederli, o se il pasto della famiglia è finito.
- Non cambiare ritmi e durata dei pasti dei genitori, se possibile. Il bambino può prendere tranquillamente il loro ritmo.
- L’allattamento materno prosegue a richiesta fino a quando la mamma e il bambino saranno, entrambi, d’accordo a continuarlo. Dopo ogni pasto la madre dovrà sempre offrire il seno al bambino che sarà libero di rifiutarlo se già sazio dal pasto.
L’esperimento di Clara Davis: la prima teoria dell’autosvezzamento
Durante i miei studi di antropologia mi sono imbattuta in uno strano esperimento, che ai tempi mi aveva solo incuriosito ma riprendendolo poi, in veste di mamma, mi ha provocato diverse reazioni contrastanti. Da una parte ero perplessa nell’aver lasciato questa libertà di scelta a dei neonati, dall’altra ero affascinata dalla loro capacità di autogestire una corretta alimentazione
Nel 1928 una ricercatrice di Chicago, USA, Clara Davis, decise di scoprire se i bambini in epoca di cambiamento delle loro abitudini alimentari potessero scegliere autonomamente cosa e quanto mangiare, avrebbero fatto scelte sane ed equilibrate. Questa volontà nasceva dalla necessità di affrontare e risolvere i numerosissimi problemi di appetito e di qualità della dieta presenti nei bambini. Il suo dubbio era che i bambini mangiassero poco e male, non per loro spontanea volontà, ma perché costretti a rispettare rigidamente le dosi che la scienza nutrizionale dell’epoca considerava adeguate per loro, impedendo la loro libera sperimentazione e, così, privandoli di una sorta di primitiva, istintiva capacità di aggiustare la dieta a seconda delle proprie individuali necessità.
Le Conclusioni della Davis
- I bambini mangiano, e apprezzano il mangiare, senza che ci si debba, per forza, arrabattare ad escogitare ricette invitanti (o, peggio ancora, trabocchetti gastronomici).
- I genitori devono rendere disponibili alimenti salutari in sufficiente varietà.
Così decisi di provare con lo svezzamento classico, e devo dire che mi è sempre andata bene.
Lo svezzamento tradizionale
Molti pediatri danno ancora oggi la tabella con i mesi in cui aggiungere determinati cibi (i crono inserimenti) anche se l’OMS indica che si possano inserire tutti gli alimenti dall’inizio dello svezzamento, a parte:
- il glutine (dal 6° mese)
- il miele (dal 12° mese)
- il sale (dal 12° mese)
- lo zucchero (andrebbe evitato il primo anno)
- molluschi, mitili e funghi (dal 24° mese)
Lo svezzamento classico dà il via a una serie di pentoloni di brodo di verdure. Ogni pietanza viene frullata e si creano mille pappette fatte con farine varie, verdure e inserendo una proteina alla volta, cambiandola ad ogni pasto.
Normalmente i primi cibi diversi dal latte da introdurre sono:
- vegetali cotti e tritati come patate, carote
- banana o pera o mela grattugiata
- farina di riso messa nel latte o nel brodo
e successivamente
- carboidrati come riso, mais, cereali vari
- proteine (30/40 grammi): agnello, pollo, tacchino, manzo, pesce pescato e di piccola taglia, capretto, maiale.
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