mercoledì 22 novembre 2023

«Calci sulla pancia per farmi abortire, mi diceva che mi avrebbe sfregiata con l’acido. Mia suocera sua complice»


 


«Ero incinta al terzo mese e lui mi riempiva di calci sulla pancia per farmi perdere la bambina». 



Piange in aula Paola (nome di fantasia) mentre racconta davanti al giudice la sua terribile storia. Giovane e bellissima, di origini sudamericane, dal 2018 al 2023 ha subito l’accecante gelosia del suo ex compagno. Stalking è l’accusa contestata ad A.M., trentenne romano atteso ieri mattina davanti al giudice di piazzale Clodio. Un’attesa che è stata vana perché lui in quell’aula, nonostante fosse prevista la sua deposizione, non si è mai presentato. Avrebbe anzitutto perseguitato l’ex compagna con telefonate e messaggi infiniti costringendola prima a bloccare il numero e poi addirittura a cambiare telefono.



Ma anche questo non è bastato: il piano diabolico per renderle la vita un incubo è continuato senza sosta. «A un certo punto ho tentato di allontanarmi, ma lui ha cercato di contattarmi - riferisce Paola -. Creava profili Instagram falsi e, oltre a me, scriveva a tutta la mia famiglia». Famiglia che è finita anch’essa al centro della follia dell’imputato. «Un giorno il mio ex compagno ha individuato sotto casa la macchina di mio padre e ha tagliato gli pneumatici – racconta la vittima davanti al giudice -.



In un’altra occasione invece ha incontrato mia madre per caso su un autobus e le ha sputato in faccia insultandola davanti a tutti. Lei ha smesso di parlarmi per un lungo periodo perché non capiva come facessi a restare insieme a un uomo del genere». Secondo Paola è stata colpa del suo amore incondizionato, un amore tossico che le ha chiuso gli occhi di fronte a numerosi episodi di violenza psicologica e fisica. Sì perché nonostante il reato per cui il 30enne è finito a processo è lo stalking, ieri mattina la ragazza, nella deposizione, ha delineato un profilo dell’imputato ben più grave. «Era già molto geloso e possessivo all’inizio del nostro rapporto, ma quando sono rimasta incinta le cose sono peggiorate».



Lui quella bambina non la vuole. E così trascina Paola in un vortice di vessazioni e umiliazione fino alle botte. Tutto alternato da momenti di tenerezza che confondono la donna al punto che decide di non denunciarlo per le violenze. «La prima volta in cui mi ha messo le mani addosso è stata una sera nella quale volevo solo uscire con le mie amiche e lui me l’ha impedito schiaffeggiandomi. Io ero sotto shock ma lo amavo, pensavo sarebbe cambiato». Stando però alla ricostruzione fatta in aula dalla vittima, l’imputato cambia, ma in peggio. «Cercava di convincermi con le buone che forse avremmo potuto valutare di crescere la bambina, poi dopo tre giorni si trasformava. Mi diceva che mi avrebbe sfregiata con l’acido. Mi tirava i capelli e poi calci sulla pancia quando ero già oltre al terzo mese di gravidanza per tentare di farmi abortire. Mi diceva che una volta nata l’avrebbe uccisa con le sue mani».



Due sono gli episodi chiave che portano Paola a temere per la propria incolumità e quella del feto che porta in grembo. «Io ero già incinta e una sera abbiamo avuto una discussione accesa. Così ha deciso di chiudermi in una stanza per ore e alla mia richiesta di andare in bagno lui mi ha risposto di fare i miei bisogni sul balcone perché ero una cagna». E ancora: «In un’altra occasione invece mi ha stretto le mani al collo facendomi perdere i sensi e al risveglio ho trovato sua madre che mi chiedeva cosa avessi fatto per farlo arrabbiare così tanto». Paola decide così di mettere un punto e scappa a Barcellona dove vive tutt’ora e dove ottiene un divieto di avvicinamento per la paura di ritrovarsi sotto casa anche in Spagna l’uomo che un tempo aveva tanto amato ma che adesso le fa solo paura.

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